top of page
  • di SIMONE MERCURIO

IDDU al cinema: la commedia grottesca della mafia


IDDU. Ovvero Lui. L’Innominato, per dirla con la profetica intuizione manzoniana, è il titolo del film di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza che dopo la presentazione alla Mostra del Cinema di Venezia arriverà nelle sale il 10 ottobre. Un’opera cinematografica che si ispira liberamente a un episodio della lunga latitanza di Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss mafioso che si è fatto arrestare a gennaio del 2023, e poco dopo è morto alla fine del decorso di una malattia.


A pochi giorni dalla uscita nelle sale fa rumore però la notizia che il film non verrà proiettato nell’unica sala cinematografica di Castelvetrano, il paese in provincia di Palermo dove è nato e dove ha trascorso parte della sua lunga latitanza proprio iddu.

II gestore del Cinema Marconi, infatti, ha deciso di non farlo proiettare. Lui è Salvatore Vaccarino, già consigliere comunale, e la sua famiglia è da sempre proprietaria del cinema. Il film? «Non mi interessa e non mi riguarda» dice. II padre era Antonio, ex sindaco di Castelvetrano. Il sindaco di oggi, Giovanni Lentini, dice che farà «opera di convincimento per far cambiare idea e offrire questa possibilità ai cittadini». Ma il punto è che Vaccarino senior nei primi anni Duemila si faceva chiamare Svetonio e intrattenne uno scambio epistolare con Messina Denaro alias Alessio, uno scambio di pizzini per conto dei servizi che avrebbe dovuto facilitare la cattura del boss. E uno dei personaggi principali del film in questione Iddu, Catello Palumbo, è ispirato proprio a Svetonio. Una fuga di notizie, nel 2006, fece saltare l'operazione. Il padrino scrisse a Vaccarino un'ultima lettera il 15 novembre: «Ha buttato la sua famiglia nell'inferno, la sua illustre persona fa già parte del mio testamento. In mia mancanza qualcuno verrà a riscuotere il credito che ho nei suoi confronti». Nonostante le minacce, non ci furono ritorsioni e l'ex sindaco poté tornare tranquillo a gestire il suo cinema di paese, che adesso però si dissocia dal film e ecide di non proiettarlo.

Prendendo spunto da questo episodio il lungometraggio dei due registi siciliani mettono in scena un film che è l’affresco drammatico, cupo e allo stesso tempo grottesco della sicilianitudine più profonda.

Liberamente ispirato a fatti accaduti. I personaggi che vi compaiono sono frutto però della fantasia degli autori.

Si preoccupano di avvisare i due cineasti.

Dopo alcuni anni in prigione per mafia, Catello, interpretato dalla maschera del solito impeccabile Toni Servillo, è un politico di lungo corso che ha perso tutto.

Quando i Servizi Segreti italiani gli chiedono aiuto per catturare il suo figlioccio Matteo, ultimo grande latitante di mafia in circolazione, cui da il volto gelido e imperscrutabile il bravissimo Elio Germano.

Catello coglie l'occasione per rimettersi in gioco. Uomo furbo, uno-nessuno-centomila, instancabile illusionista che trasforma verità in menzogna e menzogna in verità, Catello dà vita a un unico quanto improbabile scambio epistolare con il latitante, del cui vuoto emotivo dato dalla recente scomparsa del padre, anche lui un boss di prim’ordine ovviamente, cerca d’approfittare. Un azzardo che con uno dei criminali più ricercati al mondo comporta un certo rischio.

E qui si dipana un gioco di equivoci, scambi muti di occhiate, silenzi, parole non dette, smorfie tra i vari protagonisti di questa commedia dell’assurdo grottesca e tragica nel solco della tradizione letteraria di Pirandello e Tomasi Di Lampedusa, come di Sciascia e Camilleri. Nonchè infarcita da una serie di personaggi come quello Lucia, interpretata da Barbara Bobulova, l’imperturbabile e silente donna che “custodisce” MMD in una casa che è la sua prigione di latitanza.

O come il personaggio dell'agente Rita Mancuso, interpretato in maniera rigida da Daniela Marra. Caratterizzazioni sopra le righe ma neanche troppo come quella di Antonia Truppo nei panni di Stefania Messina Denaro e della eduardiana Betti Pedrazzi in quelli di Elvira, la moglie di Palumbo.


Il film si apre con la morte del Messina Denaro senior ed è un continuo flashback tra il presente e i giorni in cui iddu era solo un ragazzino sveglio che, con gli immancabili Ray Ban a goccia pure a 10 anni, pur essendo il minore di tre fratelli dimostrava al padre il sangue freddo nell’atto di sgozzare un agnellino. Promosso subito ad erede a dispetto del fratello maggiore “allampanato” e della sorella che in quanto “fimmina” non poteva diventare boss in quella società patriarcale all’ennesima potenza che è l’ambiente mafioso. Un film questo, sottolineato dalle magistrali musiche di Colapesce, che conferma le capacità autorali dei due registi già espresse nei precedenti film Salvo Sicilian Ghost Story e che lascia il retrogusto amaro di un cancro come quello mafioso insito ieri come ancora oggi nei gangli della società italiana così come nei palazzi del potere.



Comments


bottom of page