top of page
  • INTERVISTA di SIMONE MERCURIO

GIORGIO ALBERTAZZI, L'ULTIMO RUGGITO INEDITO PER I 100 ANNI

Alla Festa del Cinema di Roma arriva il docufilm che contiene un lungo inedito del Maestro Giorgio Albertazzi girato pochi mesi prima della sua scomparsa. La nostra intervista ai due autori Pino Strabioli e Fabio Masi.





Il teatro va al cinema e poi il cinema va a teatro. È l'ultima magia di Giorgio Albertazzi.

Pino Strabioli e Fabio Masi, in occasione dei cento anni dalla nascita del grande autore e attore scomparso nel 2016, firmano insieme il docufilm “Via Sicilia 57-59. Giorgio Albertazzi. Il teatro è vita”, che verrà presentato con tre proiezioni il 28 ottobre all'interno della Festa del Cinema di Roma.



PUOI ASCOLTARE ANCHE IL PODCAST QUI:


Dopo il red carpet delle 19.30 all'Auditorium Ennio Morricone alle 20 proiezione in anteprima al Maxxi, poi nella stessa serata il film sarà proiettato alle 21 al Giulio Cesare di Roma. Domenica 29 ottobre, poi, ancora al Giulio Cesare alle 17.


«E poi i teatri: almeno tre o quattro eventi speciali in teatro a Firenze, a Roma vorremmo proiettarlo al Teatro Argentina, a Napoli dovremmo andare al Mercadante e poi anche a Bologna». aggiungono insieme Strabioli e Masi.


Il titolo del film parte da un indirizzo “Via Sicilia 57-59”, appunto, ovvero quello del Teatro delle Arti di Roma abbandonato da anni, «un nome lungo in perfetto stile Lina Wertmuller!» scherza Strabioli.


«La produttrice cinematografica Alessandra Infascelli - racconta il conduttore - conservava un documento straordinario girato da Alessandro Giupponi nel 2015 all’interno dello storico Teatro delle Arti abbandonato da anni, con immagini e considerazioni di un Albertazzi struggente, lucido, poetico, ironico e profondo. Con Fabio ci è sembrato giusto celebrare Albertazzi, ma anche lo stesso Giupponi».

Un omaggio e un regalo di compleanno per gli amanti del teatro, per un lungometraggio emozionale ed emozionato che non è solo un ritratto del genio e dell'artista, ma una denuncia sullo stato dei teatri in Italia e un appello a riaprire gli oltre 500 teatri chiusi in Italia.


Incontriamo gli autori Fabio Masi e Pino Strabioli.

Masi è autore e regista del programma cult Blob di Rai 3 dal 2004 per il quale ha realizzato oltre 500 puntate e speciali.

Ha inoltre realizzato con Vasco Rossi il film "Il decalogo di Vasco", presentato alla mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 2015.

Pino Strabioli è regista teatrale, attore e


conduttore televisivo. Si divide fra piccolo schermo e teatro, ha lavorato fra gli altri con Paolo Poli, Franca Valeri, Gabriella Ferri, Roberto Herlitzka, Piera Degli Esposti, Sandra Milo, Anna Mazzamauro, Pupi Avati, Citto Maselli, Ugo Gregoretti. In tv ha invece iniziato con Fabio Fazio a TeleMontecarlo negli anni 90 e ultimamente ha condotto su Rai 2 al fianco di Morgan il programma musicale StraMorgan.


Giorgio Albertazzi avrebbe compiuto quest’anno ad agosto 100 anni. Autore che è pietra miliare del teatro italiano, e questo vostro film lo fa con le parole, la voce, lo sguardo e i silenzi dello stesso Albertazzi con un documento video in altissima definizione che è un vero reperto...


STRABIOLI: «Il documento che Alessandro Giupponi ha girato al Teatro delle Arti col maestro Albertazzi è un documento innanzitutto inedito, che è rimasto conservato per quasi dieci anni. Si tratta di una vera e propria lezione sul teatro che Albertazzi fa con una malinconia, un romanticismo e una poetica molto forte e commovente».

MASI: «Con Pino abbiamo aperto un prezioso scrigno scoprendo contenuti che sono il film perché Albertazzi cita moltissimi dei grandi attori che hanno fatto la storia del teatro del Novecento e che hanno vissuto il Teatro delle Arti, luogo abbandonato e fatiscente dove Albertazzi si muove e - grazie alla propria presenza - fa rinascere.

Un teatro che si trova a Roma a pochi passi dalla Via Veneto della Dolce Vita, chiuso da decenni come oltre 500 teatri in Italia. Questo straordinario documento è anche una denuncia, un appello di Albertazzi che facciamo nostro».

STRABIOLI: «Alle immagini inedite di Albertazzi, e qui l’idea straordinaria di Fabio, abbiamo aggiunto le voci e le facce di giovani attori che abbiamo invitato in teatro ad ascoltare le parole del grande autore registrando le loro reazione e la loro rabbia impotente contro la chiusura di questi teatri: Oltre 500! Ritengo che sia un fatto vergognoso. Ultimo della lista il Globe Theatre: quel luogo che Gigi Proietti aveva costruito con la sua fantasia, con le sue forze, che considerava la sua casa di legno all'interno di Villa Borghese, adesso verrà distrutto quasi sicuramente e non si capisce cosa accadrà...».


Pare che fosse pericolante e che ne costruiranno un altro a breve...


S: «Mah! Io sul sulle ipotesi del futuro mi fido sempre poco quando si dice ne costruiranno un altro. Intanto questo lo distruggono. Giorgio Albertazzi un anno prima della morte è entrato al Teatro delle Arti, sicuro che quel teatro avrebbe ritrovato la luce, che si sarebbe riaperto quel portone, quel sipario rialzato... cosa che fino ad oggi non è mai avvenuta! E la cosa bella di questo documento è che Albertazzi, senza nessuna nostalgia, senza nessuna malinconia, da grande vecchio (aveva 93 anni n.d.r.), evoca i fantasmi del passato. Per cui recita per l'ultima volta il suo grande amore per Anna Proclamer che è stata anche compagna nella vita e di palcoscenico, per Anna Magnani, Vittorio Gassman, Sergio Tofano, Carmelo Bene. Con questo materiale immenso ci è venuta appunto questa idea di non celebrare Giorgio da morto, in un luogo morto, ma di omaggiarlo come un pensatore, un filosofo, un uomo anche controcorrente. Ancora oggi qualcuno mi dice che in ambienti culturali non si parla molto di Albertazzi perché era di destra... ma chi l'ha detto che era di destra? C'è stato quel momento nella sua vita da giovanissimo che poi lui ha ha chiarito ma mi sembra che che in questo Paese abbiamo un problema eterno con la memoria. Non parliamo di Franca Valeri perché era ebrea, di Paolo Poli perché era omosessuale, di Dario Fo perché era troppo di sinistra e che a noi del passato non ce ne frega niente».

M: «In qualche maniera stiamo asfaltando, cancellando il nostro passato. Per questo motivo l'idea di mettere dei giovani a confronto con un grande del nostro teatro ci è sembrato interessante, tanto più facendo questa denuncia secondo noi forte sullo stato del teatro in Italia e sui 500 teatri assurdamente chiusi».


I giovani come testimonial anzi del teatro e della memoria...


S: «Ai giovani fai scoprire la memoria perché ovviamente per motivi anagrafici non hanno mai visto Albertazzi in teatro. Per esempio sul repertorio Fabio ha avuto un'idea bellissima e il film inizia con uno stralcio da un'intervista in cui Giorgio Albertazzi reduce dal successo da L’Idiota di Dostoevskij tra la fine degli anni 50 e l'inizio anni 60, in cui Albertazzi dice: "Continuate a dire che il pubblico vuole altro e invece per strada le persone mi ringraziano perché ho fatto scoprire loro l'Idiota di Dostoevskij". Non è cambiato niente ancora oggi mi pare.

Albertazzi faceva un ragionamento illuminato per certi versi, nel senso che siamo noi che determiniamo l'offerta come pubblico e non viceversa, e questo è determinante e lo dovrebbe essere anche oggi sì. Invece spesso che decide i cartelloni e i palinsesti punta al ribasso».

Il Teatro delle Arti di Via Sicilia 57 58 59" come simbolo dei tanti teatri chiusi... S: «A Milano c'è il Teatro Nuovo, c'è il Teatro di Porta Romana sempre a Milano. A Roma non si contano: c'è il Teatro Eliseo, c'è il Teatro Valle, uno dei teatri più belli d'Italia che chiuso e non riesce ad aprire. Ogni anno si dà una data che poi viene rimandata. Sono chiusi il Teatro della Cometa, Il il Flaiano, il Piccolo Eliseo. È chiuso il Quirinetta... Questa è un'idea che è venuta a Fabio quella del Quirinetta». M: «Il Quirinetta è una location del film, ma soprattutto il Quirinetta è uno dei pochi teatri che riaprirà...». S: «Questo lo dici tu. Lo dici tu”.

Pino non ci crede finché non accasa

S: «Io credo alla finzione del teatro, ma non credo alla realtà della realtà. Cioè io credo che possiamo fingere noi insomma facciamo finzione come professione per cui credo non ci credo finché non vedo».


Nel campo delle sale cinema io penso all’Azzurro Scipioni di Silvano Agosti che da due anni dovrebbe riaprire con una ristrutturazione finanziata da una Banca ma dopo oltre due anni quella sala è ancora chiuso...

S: «Esatto! Ma è la stessa storia del Delle Arti perché la Infascelli insieme a Giupponi e Albertazzi avevano trovato un accordo con il Comune di Roma per la riapertura. Poi dopo non è successo nulla e il teatro è ancora lì, abbandonato. Abbiamo girato delle scene di notte, lì c'è ancora l'insegna Teatro delle Arti, nelle immagini c’è ancora fatiscenza. Giorgio come un fantasma si muove in questo spazio desolato, distrutto. Però Albertazzi ce ne riconsegna la vita in quest

e immagini ritrovate, anche in quello sfacelo. E questa è la bellezza del teatro».


Teatri, cinema non trovano finanziamenti e al loro posto bene che va costruiscono un Bingo. Qualcuno tempo fa diceva che con la cultura non si mangia… E’ ancora così?


S: «Sul cinema non ti so rispondere, ma sul teatro accade esattamente quello che dici tu. Perché ancora molti pensano che col teatro non si mangia. Non è un'industria, in teatro si guadagna poco tutti. Non viene associato alla velocità di reddito che rincorriamo oggi. Non è non è un'industria, non si diventa ricchi, non diventa ricco chi lo fa e non diventa ricco chi lo produce il teatro. E per questo motivo non è fuori moda, è proprio fuori dal tempo».

Questo documento inedito lo avete avuto grazie a Alessandra Infascelli storica produttrice di film cult del cinema italiano come “Febbre da cavallo” ... S: «Sì, lei fa cinema da tanti anni...La cosa secondo me più commovente è che lei è stata la compagna di Giupponi che ha effettuato le riprese ad Albertazzi, e ha tenuto questo documento così importante chiuso dal dal 2015 fino ad oggi. Lo ha poi ceduto a noi credo con una certa emozione, con tanta delicatezza ma anche con tanta paura e quando è venuta a vedere per la prima volta il film in una proiezione privata alla fine si è ovviamente e prevedibilmente commossa»


Pino tu studi e divulghi il teatro di Abertazzi da tanti anni. Che cosa hai trovato in questo girato inedito di diverso e di nuovo su Giorgio Albertazzi rispetto a quello che già conoscevi? S: «La grandezza di un grande vecchio, al quale la vecchiaia aveva tolto un po di prepotenza che probabilmente aveva in passato. Io ho intervistato diverse volte Giorgio Albertazzi, mi è capitato di cenare con lui, non eravamo amici, ma a me piaceva molto. E in questo documentario vedi il grande vecchio, una saggezza che non è pedagogia, ma vedi il giusto distacco dalle cose. Vedi una follia quasi bambinesca di un uomo che di lì a qualche mese poi sarebbe sarebbe morto. E vedi la poesia, il disincanto e l'incanto, e poi vedi una profondità, come diceva prima Fabio. Una grande lezione sul teatro, sul pensiero, sulla parola, sul significato del teatro ma anche della vita in qualche maniera. Albertazzi è profondo ma anche ironico in alcuni momenti, è comico ed è struggente». M: «E’ magnetico nel senso che quella voce, quel tono, quelle parole sono ammalianti...

Questi giovani attori che con noi vedono quel video per la prima volta e che sono nel nostro film, sono poco più che ventenni e rimangono rapiti dalle parole e dai racconti di Albertazzi. Perché quando senti parlare un uomo ultranovantenne che ha anche fatto la storia del teatro del Novecento e senti parlare di maieutica, lo senti raccontare aneddoti su Peter Brook e sulla Magnani, di Ulisse e Seneca, di Shakespeare, di Dante... È chiaro che se tu ami il teatro resti ipnotizzato...».

Avete utilizzato tutto del materiale che ha girato Giupponi? M: «Penso che non sia rimasto praticamente nulla! Abbiamo usato tutto perché era tutto veramente buono, un prodotto di uno standard molto elevato. Tutto il film è girato in 4K e nostri girati sono in 6K, per cui diciamo che da un punto di vista tecnico rispetta degli standard straordinari.

Il film è stato selezionato nella sezione proiezioni speciali alla Festa del Cinema di Roma. La cosa bella è che alcuni di questi giovani non sono ancora attori. C’è per esempio uno di loro che è un barista che abbiamo incontrato con Alessandra Infascelli in un bar dove andavo sempre a fare colazionei. Una volta gli abbiamo detto che ha una buona faccia e adesso questo ragazzo è gasatissimo e vuole fare l'attore davvero. Ed è bravissimo!»

Albertazzi a 96 anni lascia una sorta di testamento video prima di morire, qualche anno dopo queste immagini ritrovate vengono viste da ragazzi giovanissimi che si innamorano grazie a lui del teatro e e della recitazione. Trovo questo quasi una magia…

M: «Era proprio questa cosa che lui sognava. Qui apro virgolette. Lui diceva “sogno una scuola di dissuasione per gli attori”. Dimenticare tutto ciò che si è imparato della recitazione. Entriamo nel mondo della totale introspezione, parliamo cioè della recitazione nel senso più alto. Lui sognava di trovare dei ragazzi che si approcciano al mondo della recitazione anche in maniera inconsapevole. Questa era la volontà del maestro Albertazzi... ».

S: «C’è una frase bellissima di Carmelo Bene che è stata usata nel film. Bene era un attore diverso da Albertazzi. Carmelo Bene diceva: “In un anno di galera si impara di più che in una scuola di recitazione…»

Pino, vedendo questi ragazzi così vogliosi di fare teatro, di conoscere, di farsi conoscere hai pensato anche a te stesso alle origini? Ho letto che tu da sempre hai amato gli attori e che il tuo sogno era proprio quello di lavorare nel mondo del teatro. Hai mai “stalkerato” qualcuno per venir fuori e rendere il teatro un lavoro come sognavi da giovane?

S: «Sono andato all'Accademia d'arte drammatica, ho fatto l'esame d'ammissione mi hanno subito bocciato perché c'era Aldo Trionfo in commissione e io portai Il diavolo e il buon Dio di Jean-Paul Sartre. Ignorante come una capra. Non sapevo che proprio lui era stato il regista di una trasposizione dell'opera in Rai. Lui mi chiede se sapessi chi l'aveva portata in tv nell0ultima stagione ma io non lo sapevo! Dissi che andavo poco a teatro, pensa... Mi bocciò. Successivamente recitai A Silvia di Giacomo Leopardi simulando una masturbazione... Ero matto, ero completamente cretino. Poi via via ho capito l'importanza. Ecco, ai giovani forse bisognerebbe insegnare l'importanza di chi ci ha preceduti. Poi ho stalkerato Paolo Poli finché non sono arrivato a fare uno spettacolo con lui. Otto puntate in televisione, un libro che ancora adesso continua a girare. Si sono stato un po' uno stalker di Paolo Poli!»

Primo incontro con Poli. Qual è stato?

S: «Mi sono finto giornalista e sono entrato in camerino per fargli un'intervista che poi è uscita su L'Unità perché avevo chiesto al caporedattore della cronaca degli spettacoli romana del quotidiano di farmi scrivere un pezzo. Era tutto più semplice all'epoca, ma era una scusa per poter arrivare al camerino di Paolo Poli!».

Hai fatto il giornalista come scusa per poter incontrare gli attori?


S: «Si! Volevo solo incontrare Paolo Poli, Gabriele Lavia, Umberto Orsini, quelli che avevo visto da ragazzino. E poi mi sono ritrovato a fare l'intervista a questi mostri sacri. Con Fabio Masi abbiamo fatto un ciclo in tv nel programma Rai "Colpo di Scena" con puntate monografiche su Dario Fo, Valentina Cortese, Carlo Giuffré, Paolo Poli, Franca Valeri, Piera Degli Esposti...».

La tv invece l’hai iniziata con Fabio Fazio se non sbaglio... S: «A Telemontecarlo ho iniziato con Fazio si con un programma che si chiamava "T'amo tv", che era un programma di Fabio Fazio e Antonio Avati, il fratello di Pupi. Era la stagione 1991/92, poi subito dopo ho fatto Una Mattina in Rai. All'epoca mi ricordo queste passeggiate con Fazio agli studi televisivi della Videa e Fabio che si chiedeva se mai un giorno sarebbe riuscito a guadagnare dei soldi. C'è riuscito direi!»


Questo film su Albertazzi dopo il cinema lo vedremo su qualche piattaforma? M: «C’è in programma una piccola tournée nei teatri che mi sembra il posto giusto per vedere questo film. Stiamo organizzando almeno tre o quattro eventi speciali a Firenze che è la città di Giorgio quella che l'ha visto nascere.

S: «A Roma ci piacerebbe al Teatro Argentina, se lo meriterebbe perché Giorgio è stato un grande protagonista di quel teatro . A Napoli dovremmo andare al Mercadante e poi anche a Bologna. E poi se la Rai non lo manda in onda...»

Continuerete a girare i teatri in quel caso... S: «Ma no, la Rai lo deve mandare in onda e che cavolo!»



bottom of page