(da Berlino il nostro inviato Luigi Noera con la collaborazione di Marina Pavido - Le foto sono pubblicate per gentile concessione della Berlinale)
Cronistoria della kermesse Berlinese inaugurata con il SOL LEVANTE e vinta dall’ outsider Adina Pintilie con Touch Me Not con il leitmotiv The FEAR
La maratona cinefila più popolare del vecchio continente con oltre 300 pellicole in programmazione è iniziata con una serata inaugurale atipica per la scelta di un film di animazione del regista statunitense Wes Anderson che presenta Isle of Dogs.
Le avventure di un ragazzino giapponese alla ricerca del suo fidato cane “deportato” dal nuovo ordine mondiale in isola a suo tempo adibita a discarica e adesso popolata da cani randagi affetti da una malattia trasmissibile agli “umani”.
Ma saranno proprio loro ad aiutare il giovane “umano” a ritrovare il suo prediletto e fidato amico. Anderson ritorna per la seconda volta ad un genere per lui familiare che gli ha portato successo. Infatti la sua destrezza e la squadra che con lui ha collaborato ha confezionato un buon prodotto. Dove sta il segreto di tutto ciò Lo ha spiegato ai Talents insieme al Presidente di giuria Tom Tykwer che appunto svelerà i secrets.
Ma anche la sezione Panorama è inaugurata da un film sul Giappone scritto e diretto dal maestro giapponese Isao Yukisada che si cimenta nel genere Mango con una storia post moderna dopo il disastro nucleare.
In realtà è il tema del film di Anderson.
Ecco svelato uno dei temi di questa Berlinale: il rispetto dell’ambiente.
I giovani coinvolti nello script di Yukisada sono sottoposti ad uno stress della società giapponese alle prese con il suo invecchiamento, come succede in Italia. La sceneggiatura tiene incollati alla poltrona anche i più forti di stomaco. Dove sono finiti i cosiddetti valori della società post seconda guerra mondiale? Il disfacimento di ideologie consolidate si sente a pelle in River’s Edge e diciamo pure che il sol levante mette una ipoteca sull’Orso di Berlino.
In concorso c’è poi Las herederas (The Heiresses) Paraguay / Germania / Uruguay / Norway / Brazil / con una storia semplice di due donne da anni legate da un affetto reciproco vanno incontro alle sorprese che riserva la vita quando ci si accorge che il tempo è passato. Storia delicata al femminile ambientata nell’America latina dove l’amore non ha generi. La Berlinale guarda sempre con rispetto questo aspetto della società umana.
Nel fine settimana Laura Bispuri ben accolta in sala viene schiacciata dai colossi russo e tedesco.
Infatti da un lato in Concorso abbiamo gustato opere eccellenti come Dovlatov di Alexey German Jr. che commuove lo spettatore per il senso di impotenza della avanguardia culturale Russa ai tempi di Breznev sopraffatta dalla burocrazia anzi tecnocrazia dei Soviet. E in sala l’applauso liberatorio rende giustizia di tante omissioni da parte di una sinistra occidentale miope durante la guerra fredda.
Ma è stato anche proposto l’attuale fenomeno dei clandestini in una novella posizionata ai tempi dell’invasione nazista della Francia ed ambientata ai nostri giorni in una Marsiglia trampolino di lancio per scappare dall’Europa verso le Americhe. Il protagonista Franz Rogoswki lanciato verso l’Orso d’argento in questa interpretazione sublime, non trovato il giusto riconoscimento presso la Giuria. Si tratta di Transit di Christian Petzold, il regista è amante delle storie intime di ciascuno di noi che si trasformano in lamento universale. Tra questi due colossi anche Laura Bispuri con Figlia mia ha riscosso successo presso la stampa e il pubblico in una storia al femminile dove il quarto personaggio è la Sardegna terra di emozioni forti come lo è la storia presentata.
Anche se non è un Documentario nella sezione Panorama dall’America il film fiction Profile di Timur Bekmambetov con una narrazione attraverso la condivisione e uso dei social racconta come vengono reclutati dall’ISIS i fighter europei convertitisi all’Islam.
Una avvincente storia che con il ritmo dei giovani cresciuti con i social si snoda sui sentimenti di due giovani europei che combattono per ideali opposti ed è stato premiato dal Pubblico.
Sempre nella sezione Panorama dall’Italia dei fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo il film La terra dell'abbastanza (Boys Cry) che però non convince.
Il film non va oltre il solito cliché della periferia romana alle prese con la malavita. Uno dei protagonisti è il giovane che nel film di Bruni svolge un ruolo intermediario tra l’anziano e i coetanei, qui non convince la sua impostazione drammaturgica che ricorda quella di Valerio Mastandrea. La ciliegina sulla torta è affidata a Luca Zingaretti nei panni di un improbabile malavitoso romano. Sarà anche perché nell’immaginario è ricordato nei panni dell’amato commissario Montalbano.
Al giro di boa la Norvegia primeggia e Lav Diaz commuove e così ad inizio settimana la Berlinale ritorna al suo carattere politico che ha impaurito la Giuria.
Parliamo di due film potenti e commoventi.
Il primo Utøya 22. juli (U - July 22) Norvegia di Erik Poppe con uno stile minimalista nel quale il sonoro predomina sul resto ci mostra lo stato d’animo che il terrorismo crea nell’immaginario collettivo con una sentenza di rifiuto di ogni forma di violenza qualunque essa sia la ragione. Lo spettatore è atterito dagli spari nel mucchio e vorrebbe anche lui scappare. Una riprova ancora che si può fare del buon cinema senza tanti fronzoli o sentenze ideologiche.
L’altro film anch’esso politico è Ang panahon ng halimaw (Season of the Devil) Philippines di Lav Diaz che è al suo terzo film dopo Venezia, dove vinse, e un ritorno alla Berlinale che lo apprezza particolarmente. Ci commuove lo stile musicale che accompagna le nefandezze di un potere totalitario come quello filippino in una pellicola in bianco e nero.
Infine alle battute finali Gröning e Adina Pintilie con linguaggi disturbanti confermano il tema @Berlinale: the Fear.
Gröning presenta in un racconto intimo un sentimento universale come la PAURA. In un rapporto fra sorella e fratello poco chiaro e sullo sfondo di paesaggi bucolici, con elementi post-industriali rappresentati dalla stazione di servizio in mezzo al nulla, il regista utilizza tutti questi elementi per discernere sulla filosofia. In un fine settimana cruciale per la giovine appare netto il sentimento di paura nel mettersi in gioco, del prossimo abbandono del fratello. Il regista ha troppo materiale a disposizione e lo utilizza tutto. Questo è il risultato della digitalizzazione dell’universo cinema in quasi tre ore estenuanti. Anche nel film della regista rumena i protagonisti hanno paura di se stessi. Disturba e dispiace però l’utilizzo di corpi mutilati e deformi dalla nascita.
Adina Pintilie, al debutto come regista e sceneggiatrice, si è aggiudicata l’Orso d’Oro della 68°edizione della Berlinale per il film drammatico - oltre che il premio ‘Opera prima’ - con la pellicola romena Touch me not.
Protagonista è Laura, una cinquantenne inglese molto traumatizzata, che ha paura principalmente della sua intimità; inoltre il film affronta temi come la sessualità e la disabilità.
Segno che oggigiorno non si hanno più le certezze del dopoguerra; questo sentimento è ben percepito e descritto dagli autori selezionati in questa 68ma edizione della Berlinale.