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  • di SABRINA SCIABICA

HOKUSAI, SULLE ORME DEL MAESTRO


E’ iniziata all’Ara Pacis un’interessante retrospettiva sull’artista giapponese più conosciuto in Europa, Katsushika Hokusai, e sul suo discepolo, Keisai Eisen, visitabile fino al 14 gennaio 2018.

Un percorso che porta lo spettatore in un’altra dimensione, in cui la natura è protagonista indiscussa, tanto che anche i soggetti umani rappresentati la portano addosso, nei disegni dei tessuti che li avvolgono.

Conosciuto universalmente per la sua Grande Onda – tratta dalle Trentasei vedute del monte Fuji – Hokusai si potrebbe definire, oltre che un eccelso maestro, un pittore ispirato e appassionato dalle sue origini: non c’è un tratto di paesaggio giapponese che non sia stato attraversato dal suo pennello. E l’allievo, anch’egli giapponese, sembra seguire lo stesso gusto, forse addirittura con qualche dettaglio in più, una maggiore capacità di analisi e un senso della profondità più accentuato.

Dalle opere qui esposte, silografie policrome, dipinti su rotoli verticali e orizzontali, surimono (ovvero biglietti inaugurali come inviti o calendari), sembra che l’immagine della natura sia estremamente positiva; prima di tutto per la sua maestosità e poi per il fatto che essa appare ferma, fissa, quasi una certezza universale, mentre i personaggi umani sono mossi e vibranti, spesso colti nella loro operosità.

A tal proposito, su Hokusai (l760- 1849) influì l’idea scintoista che il monte Fuji, simbolo del Giappone, fosse sacro, una sorta di protettore che sembra vegliare su ogni cosa; è disegnato in vari periodi dell’anno, spesso innevato; è una presenza costante in quasi tutte le opere.

Allo stesso modo in Eisen (1790 - 1848), oltre al Fuji, e al frequente richiamo dei quadri del maestro nei suoi, osserviamo la vita del villaggio, che si sviluppa su una natura rigogliosa, e ammiriamo l’umile quotidianità di contadini, pescatori e lavoratori vari. È come se dalla montagna nascesse la vita, come se fosse il principio di tutto, tanto più che questa “grande madre” rimane la figura dominante, contrapposta all’estrema caducità umana.

Ad arricchire il percorso espositivo, un’ampia sezione è dedicata all’eros e alla seduzione. Poiché fanno parte della quotidianità anche le pulsioni sessuali, sono in mostra i disegni erotici dei due artisti, denominati Abunae, cioè immagini pericolose, insieme a ritratti di belle ed eleganti donne, accompagnatrici e prostitute.

Si apprezza particolarmente un’opera di Eisen in cui i corpi degli amanti si intrecciano con le stoffe dei loro kimono, mentre sembrano muoversi sinuosamente vicino ad un possente albero, con attorno fiori di ciliegio e il monte che, come sempre, controlla a distanza.

Infine, c’è l’aspetto che riguarda l’insegnamento, con 15 volumi Manga, ovvero quaderni in cui Hokusai ha disegnato lo stesso soggetto in posizioni diverse o da numerosi diversi punti di osservazione, come guida per i suoi allievi.

Abile nell’utilizzo di più strumenti e più supporti, dal legno alla carta alla stoffa, il maestro si esprime con una semplicità che è allo stesso tempo ricchezza: con pochi tratti crea l’espressione nei volti, con poche linee realizza una scena. Della natura ricrea la luce, le sue opere sono così luminose che Van Gogh scriveva: «Quello che invidio ai giapponesi è l’estrema limpidezza che ogni elemento ha nelle loro opere; sono semplici come un respiro, riescono a creare una figura con pochi ma decisi tratti, con la stessa facilità con la quale ci abbottoniamo il gilet».

È probabile che le opere di Hokusai fossero stampate nella carta utilizzata per avvolgere le ceramiche giapponesi che arrivavano in Europa e fu soprattutto grazie ai rapporti commerciali che l’arte giapponese si diffuse sempre più in occidente, dove si apprezzavano la raffinatezza delle decorazioni e la cura dei dettagli, oltre che le forme morbide, agili e sinuose dell’arte nipponica - tutti elementi che pittori quali Renoir e Klimt riprodussero, seppur nel loro personalissimo stile.

La mostra Hokusai, sulle orme del maestro è, dunque, un affascinante viaggio in oriente, oltre che un modo per ritrovare connessioni e influssi tra due mondi, un ponte tra oriente e occidente che soltanto un “vecchio pazzo per la pittura”, come firmava le sue opere Hokusai da anziano, poteva creare.

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