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di SIMONE MERCURIO

Moretti al cubo. "Il Sol Dell'Avvenire" è già cult


Interno giorno, in un ufficio di Netflix.

Attorno a un tavolo ovale sono seduti il regista Giovanni, la produttrice Margherita e tre dirigenti della nota piattaforma streaming.

“I nostri prodotti sono visti in centonovanta paesi” dice la prima persona, una donna.

“Centonovanta” ribadiscono a seguire gli altri due uno dopo l’altro.

“Centonovanta paesi: ho capito” ripete basito il regista allargando le braccia.

“Purtroppo nella sua sceneggiatura manca il momento WHAT THE FUCK” sentenzia una dei tre alzando il tono della voce per sottolineare il senso della frase in inglese, gesticolando in faccia al regista.

“Inoltre nel suo film arriva tardi il ‘turning point’ e ha uno ‘slow burner’ che non esplode ma… PUF!” sentenzia il terzo e l’ultimo dei tre, mimando con le mani un palloncino che si sgonfia.


La scena - divertentissima, una parte si vede anche nel trailer in coda a questa recensione - è tratta da “Il Sol Dell’Avvenire” il nuovo film di Nanni Moretti dal 20 aprile in 500 sale in tutta Italia.

Racconta del personaggio interpretato da Moretti stesso nel lungometraggio , il regista Giovanni che, cercando finanziamenti per il suo nuovo film, ha un incontro con i dirigenti della nota piattaforma che gli bocciano la sceneggiatura.

E’ una dei tanti episodi irresistibili (nonché realistici probabilmente) del film che abbiamo visto in anteprima. “Le piattaforme vanno bene per le serie, i film si devono vedere al cinema” chiude il discorso il regista stuzzicato alla conferenza stampa di presentazione del lungometraggio dentro al suo cinema Nuovo Sacher nel cuore di Trastevere.

E’ un Nanni Moretti alla sua ennesima potenza questo nuovo film con protagonisti oltre allo stesso regista Margherita Buy: “quinta volta consecutiva con te: cosa siamo stati? Sposati, fratelli, ora separati, la prossima?” .

Silvio Orlando: “Non mi chiamava da 17 anni dai tempi del Caimano. Quando Nanni mi chiama sono contento, ma quando non mi chiama sono più sereno!”).

E poi Barbara Bobulova che si commuove: “Sono entrata in questa famiglia morettiana un po’ da esterna ma mi sono sentita subito molto accolta e accudita”.

“Per capire come sta Nanni bisogna vedere i suoi film” dice Silvio Orlando in una felice sintesi.

“Il Sol Dell’Avvenire” è un compendio del morettismo, del suo cinema, del suo pensiero, delle sue nevrosi, del suo modo di vedere la politica, il mondo, i rapporti di coppia e la società.

Un film dove si ride tanto e nel quale il regista, attore, sceneggiatore, produttore, esercente Nanni Moretti si prende abbondantemente in giro autocitandosi e amplificando le sue stesse nevrosi, fissazione e idiosincrasie (“I sabot no! Non si può andare in giro con le pantofole e il calcagno scoperto”!).


“Il personaggio di Giovanni è molto vicino a me - spiega il regista - Io del resto mi chiamo Giovanni e questo è un film molto autobiografico, a volte anche nei dettagli”.

C’è il moretti-pensiero dunque sul cinema, per esempio, tutto racchiuso nella magistrale e lunga scena in cui il protagonista avversa un giovane regista di film violenti, “tarantiniano” lo definisce qualcuno in sala. “Gli hai fatto un complimento" ribatte subito Nanni - A me è piaciuto molto “Bastardi Senza Gloria”. Io non amo la violenza gratuita e banale”.

La violenza fine a se stessa, becera, elementare e piatta, insomma. E a sostegno della sua opinione arrivano nel film - a sorpresa - i cameo di Renzo Piano, Corrado Augias, Chiara Valeri e (ma non risponde) Martin Scorsese.

Moretti si prende molto in giro nel suo nuovo film. Il suo matrimonio con la moglie interpretata dalla Buy, cinquant'anni insieme, è in crisi. La consorte lo definisce faticoso, estenuante, una personalità invadente, e non stentiamo a crederlo.

Son ben tre i film dentro al nuovo film di di Nanni Moretti.

Ci sono quelli desiderati e immaginati dal protagonista Giovanni: una trasposizione de "Il nuotatore" di John Cheever e un film d’amore “pieno di canzoni d’amore”.

E poi c’è il film che il protagonista Giovanni sta girando con Silvio Orlando e Barbara Bobulova dove Orlando interpreta Ennio, direttore dell’Unità nella Roma del 1956, proprio nell’anno dell'invasione sovietica dell'Ungheria, una delle ferite più laceranti e profonde nel mondo comunista, tanto da provocare, in Italia, la prima consistente fuoriuscita di intellettuali e militanti in dissenso con la linea ufficiale del Partito Comunista di Togliatti e Longo.


Un inquietante parallelo di immagini con l’attualità dell’invasione dei russi in Ucraina incombe.

Ma per fortuna siamo al cinema, e la magia del grande schermo riscrive almeno la Storia, quella con la S maiuscola, e i suoi attimi che possono cambiarne il corso e i suoi punti di svolta - i turning point appunto - proprio come fa Tarantino con Hitler e i nazisti.


Questo di Moretti non è un film qualsiasi, si potrebbe definire un film-manifesto di una generazione, di un periodo storico, di un modo di concepire il cinema. Si ride molto, come detto, con le voci, le facce, le prese di posizione, la manie del protagonista (memorabile la scena in cui Moretti avvolto nella stessa coperta di “Sogni D’oro”, vorrebbe obbligare moglie e figlia a vedere Lola di Jacques Demy, come rito propiziatorio la sera prima dell’inizio delle riprese del nuovo film).

Ci si diverte e ci si commuove con l'effetto "nostalgia" (stiamo invecchiando!) in un finale felliniano col circo, gli elefanti e le bandiere rosse in via dei Fori Imperiali e un corteo che scorre tra passato, presente e futuro di questo “splendido - quasi - settantenne”. Una boccata d'aria buona.



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