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Frantumi d'anima e sguardi di vita nell'esordio alla regia di Zingaretti

  • di SIMONE MERCURIO
  • 2 apr
  • Tempo di lettura: 3 min

Esordio alla regia per Luca Zingaretti, "La casa degli sguardi" è un film che colpisce dritto allo stomaco, senza sconti. Liberamente ispirato al romanzo di Daniele Mencarelli, il film ci trascina in un viaggio emotivo attraverso gli occhi di Marco, un giovane uomo che ha smarrito la bussola della propria esistenza.

Gianmarco Franchini, con una performance che graffia l'anima, incarna Marco, detto "Marcolino", un ventenne già segnato da un profondo "male di vivere", che annega le sue rabbie e frustrazioni nell'alcol. L'incidente che lo porta sull'orlo del baratro è solo l'inizio di un percorso di (possibile) rinascita forzata. Il padre, interpretato con una ruvida tenerezza da Zingaretti, lo costringe a un lavoro umile, in una ditta di pulizie che opera all'interno dell'Ospedale Bambin Gesù di Roma.

È qui, tra le corsie cariche di dolore e speranza, che Marco inizia a confrontarsi con la fragilità della vita. I bambini malati, con i loro sorrisi che sfidano la sofferenza, diventano uno specchio involontario in cui riflettere la propria esistenza. I colleghi, figure di una ruvida umanità, lo accolgono come un fratello, offrendogli un sostegno che non ha mai conosciuto.


Zingaretti non edulcora la realtà, mostrando la fatica di Marco nel risalire la china. La sua rabbia, sorda e persistente, rimane un enigma. Il personaggio interpretato dal regista è un padre dolce, che osserva con rabbia interiore e pazienza metodica, e con una fiducia spesso tradita, questo difficile percorso di risalita del figlio. La presenza non oppressiva del padre, dei colleghi che diventano potenziali amici, di una ragazza, e della poesia, sua passione da sempre, non riescono a lenire le ferite. I flashback dell'infanzia felice, interrotti bruscamente dalla perdita della madre, sembrano solo acuire il suo senso di smarrimento.

Il regista indugia sugli sguardi, quelli dei bambini, dei colleghi, del padre, di Marco stesso. Sguardi che raccontano storie di dolore, di speranza, di amore. Franchini, dopo la prova intensa di "Adagio", si conferma un attore capace di scavare nell'anima dei personaggi, di restituirne le sfumature più intime.

La poesia, che per Marco dovrebbe essere un rifugio, si rivela impotente. Il reading in cui si esibisce si trasforma in un fiasco, simbolo della sua incapacità di comunicare. Solo la morte, il dolore più lancinante, lo spingono a riprendere la penna in mano, a cercare una forma di catarsi attraverso la scrittura.

"La casa degli sguardi" è un film che non offre risposte facili. Zingaretti non ci spiega il perché della rabbia di Marco, ma ci accompagna nel suo percorso di rinascita, un percorso fatto di cadute e risalite, di dolore e di speranza. Un film che ci ricorda che la vita, anche quando sembra aver perso ogni senso, può sempre sorprenderci con la sua bellezza. Tra gli attori che affiancano Gianmarco Franchini e Luca Zingaretti, spiccano Federico Tocci, che interpreta Giovanni, e Chiara Celotto, nel ruolo di Paola. Entrambi offrono interpretazioni intense e credibili, contribuendo a dare spessore al microcosmo dell'ospedale. Alessio Moneta, Riccardo Lai, Marco Felli, Cristian Di Sante e Filippo Tirabassi completano un cast affiatato, capace di restituire la complessità delle relazioni umane.

La sceneggiatura, curata da Gloria Malatesta, Stefano Rulli, Luca Zingaretti e Daniele Mencarelli, riesce a trasporre con efficacia il romanzo, mantenendone intatta la forza emotiva. La regia di Zingaretti, pur essendo un esordio, si dimostra matura e consapevole, capace di alternare momenti di grande intensità a silenzi carichi di significato. Inoltre si accosta con grande umiltà, sobrietà e con la "giusta distanza" al malessere esistenziale che affligge e tormenta il giovane e straordinario protagonista del film che, lo ribadiamo, si chiama Gianmarco Franchini e si conferma, in questo suo secondo film da protagonista, un nuovo grande talento del cinema italiano.




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