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  • di SIMONE MERCURIO

Clint Eastwood rende giustizia all'eroe "borghese" Richard Jewell


"Fammi una promessa: quando diventerai un poliziotto, quando avrai un piccolo 'potere' non diventare un asshole, uno stronzo. Perché basta un po’ di potere per fare di una persona un mostro”. E' questa una delle battute iniziali e forse più significative del nuovo film di Clint Eastwood Richard Jewell che abbiamo visto in anteprima, e che dal 16 gennaio arriva in tutte le sale italiane.

La frase dell'incipit di questa recensione la pronuncia un grandioso Sam Rockwell all'ingenuo e giovane protagonista del film che si chiama, appunto, Richard Jewell interpretato da un verosimile e davvero in parte Paul Walter Hauser. Jewell è un corpulento "galoppino" nello studio di avvocati in cui il personaggio di Rockwell esercita la professione, ma ha un sogno, una "fissa", quella di diventare poliziotto, un addetto alla sicurezza, la vocazione di "proteggere la gente".

A volte esagerando, come quando si fa espellere da un college perché - da semplice addetto al controllo - si arroga il diritto di entrare nelle stanze private degli alunni per scovare spinelli o alcool. Una "fissazione" che è anche una ambizione quella di Jewell che nel 1996 lo porterà - da semplice addetto alla security durante alcuni concerti celebrativi delle Olimpiadi di Atlanta - a diventare "eroe" per caso e per pochi giorni, in seguito all'esplosione di un ordigno. Jewell, racconta il film ma la storia è vera, viene preso in giro da colleghi e poliziotti veri perché è fin troppo solerte e pignolo nell'attuazione delle norme di sicurezza. Così, mentre sta lavorando "vede" uno zaino sospetto e solitario vicino alla torretta del mixer e della regia al centro dello spazio dove si sta svolgendo una manifestazione. Richiama i colleghi della polizia e li sollecita ad avvertire gli artificieri che scoprono lo zaino con una bomba dentro. Fanno appena in tempo a far allontanare la folla che lo zaino esplode. L'intervento di Jewell però riduce i danni di quella che poteva essere una strage.



La "guardia" Jewell a stretto giro viene intervistato dai media, riconosciuto, acclamato e diventa un eroe, una celebrità, cui viene chiesto perfino di fare un libro con un ghost writer, un instant book che sfrutti commercialmente la sua vicenda. Insomma, il protagonista vede la sua rivalsa, e il suo sogno (quello di diventare un poliziotto, un agente "vero") finalmente prossimo alla realizzazione.

Ma tutto questo svanisce in un attimo. Si dissolve la "favola" dell'eroe, quando una ambiziosa, quanto affascinante e cinica giornalista estorce a un agente dell'FBI che tra i sospetti attentatori, potrebbe esserci proprio Richard Jewell, "il grassone" della security che ha scoperto l'ordigno. "Si sospetta sempre di chi trova la bomba, come di chi trova il cadavere" rivela imprudentemente l'agente. "Jewell rispecchia il profilo dell'attentatore solitario, un bianco frustrato, aspirante poliziotto che vorrebbe diventare un eroe" scrive la reporter del giornale locale di Atlanta.

E la notizia, ovviamente, fa clamore e diventa nazionale, arrivando rapidamente a tutti i media del paese. La foto di Jewell viene sbattuta sulle prime pagine di tutti i giornali e notiziari "Da eroe a terrorista" è un titolo col faccione dell'addetto alla security. In pochi attimi la vita dello zelante aspirante poliziotto viene rovinata.

E con la sua quella della mamma con cui vive Bebi, interpretata da una strepitosa Kathy Bates, per questa interpretazione neo canditata tra le nomination dell'Oscar 2020 come miglior attrice non protagonista.

A questo punto il giovane e ingenuo Jewell chiama (dopo dieci anni che non lo vede e lo sente) quell'unico avvocato che ha conosciuto nella sua vita. Rientra in scena il personaggio di Rockwell.



Quell'unica persona che, tra mille insulti e sfottò dei colleghi per la sua obesità, era stato gentile e paterno con lui. Intanto l'avvocato"amico" si è messo in proprio e non se la passa proprio bene. E inizialmente accetta il caso un pò controvoglia, un pò per necessità. Probabilmente perché la popolarità di Jewell e il clamore mediatico possono aver un tornaconto sulla sua professione. La vita di Richard e di sua mamma Bebi, senza uno stralcio di prova degli accusatori viene messa sottosopra e "schiacciata" e ribaltata. "Ci sono due poteri forti in questo paese - dirà l'avvocato - il potere governativo e il potere mediatico". Richard Jewell non è nessuno, e un "uomo qualunque" che può essere usato e sacrificato dal sistema. L'FBI vuole un colpevole dell'attentato. I media, le tv, i giornali vogliono una notizia, un "simbolo" che amplifichi il proprio ego, aumenti la propria audience. Le prove? non ci sono, ma che importa. Anzi, è da subito evidente che Jewell è innocente "ma deve avere un complice, per forza". L'FBI, gli agenti, entrano in casa sua, prelevano oggetti personali, gli estorcono dichiarazioni distraendo il suo avvocato ("sono anche io forze dell'ordine, quindi collaboro"). L'FBI fa ripetere a Jewell -registrandola - la voce dell'attentatore vero che poco prima del "botto" fa una chiamata dando l'allarme: "C'è una bomba al Centennial ad Atlanta: avete mezz'ora di tempo per trovarla". Nessuna prova contro Jewell ma lui è imputato, è vittima anche di una distorsione del cosiddetto "profiling" (bianca, grasso, solo...blablabla...) deve dimostrare di essere innocente.


Clint Eastwood con questo film non sbaglia, ancora una volta, il colpo. Una regia magistrale e pulitia che dimostra ancora una volta che, pur essendo un "testone" conservatore (ndr. Clint ci perdoni ma è detto in tono affettuoso) quando fa i suoi film è lucido e sincero. Perchè racconta le storie non filtrate da distorsioni ideologiche o politiche. Se in Million Dollar Baby Clint "giustificava" umanamente e "da destra" la scelta dell'eutanasia, se in J. Edgar denunciava la protervia del potere poliziesco e politico, in Richard Jewell Eastwood sbeffeggia e critica il potere costituito dell'FBI raccontando un fatto vero, un eccesso di "zelo", potremmo dire edulcorando l'ingiusto calvario e le indagini che sono state realmente perpetuate verso il vero Jewell messo senza motivo e per preconcetti sotto torchio.




Il resto è storia. Il vero Richard Jewell è stato totalmente scagionato nella realtà ma è morto giovane, a soli 44 anni, per un arresto cardiaco , quando era davvero riuscito a realizzare il suo sogno di diventare poliziotto. Ma, racconta Eastwood nelle dichiarazioni raccolte, la sua memoria non è stata mai del tutto onorata e non gli è stata resa giustizia in vita perché molta gente che ha letto distrattamente all'epoca le sue vicende, pensa ancora a lui come "l'attentatore delle Olimpiadi di Atlanta". Nonostante il fatto che, dopo ben sei anni, il vero attentatore si sia costituito e consegnato alla giustizia. Clint Eastwood con questo film, ennesimo capolavoro di un autore ottuagenario ma che dirige ancora con mente lucida e mano ferma, restituisce giustizia a Jewell e alla sua mamma Bebi (oggi ottantenne). A cominciare dal titolo del lungometraggio che ha voluto giustamente intitolare proprio col nome del protagonista della vicenda: Richard Jewell.

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