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  • di ELENA GIAMMARTINI

U2 dal vivo infiammano Roma


ROMA (Stadio Olimpico 16/07/2017)

Tempo di anniversari nel mondo del rock. Le due date romane degli U2 allo Stadio Olimpico per celebrare il trentennale di "Joshua Tree", probabilmente insieme al live del ventennale di "Ok Computer" dei Radiohead, consacreranno in maniera indelebile quest'estate 2017 negli annali del rock. Tre decenni dal mitico disco del 1987 per la band irlandese, un album ricco di perle entrate di diritto nella storia della musica. Opening act di extralusso per i dublinesi con uno strepitoso Noel Gallagher. Oltre un'ora di live per lui che ha intrattenuto il pubblico dell'Olimpico senza far sentire troppo l'attesa per Bono e i suoi.

Sotto la luce di un meraviglioso tramonto romano, l'ex Oasis ha presentato i più grandi successi della band di Manchester . Gallagher irrompe sul paco con Everybody's On The Run e poi a seguire grandissimi successi 'made in Oasis' come Champagne Supernova e Wonderwall che ci sembra davvero strano sentire da una band 'spalla' di assoluto pregio e livello come questa di Noel con i suoi High Flying Birds. Dopo una breve pausa al calar del sole, alle 21.15 spaccate salgono sullo grandioso palco a forma di Albero di Joshua, Bono Vox, Dave 'the Edge' Evans, Adam Clayton e Larry Mullen jr. Il concerto inizia con una atmosfera intimista e desueta per i grandi concerti negli stadi. Ma è solo un prologo, perchè in una sequenza micidiale arrivano Sunday Bloody Sunday , che letteralmente accende lo stadio, New Year’s Day, A Sort Of Homecoming (al posto della preannunciata Bad, eseguita la sera prima) e la corale e potente Pride (In the Name of Love).


E' il momento del Joshua Tree Celebration e la band si sposta sul palco centrale, il maxischermo in altissima definizione che copre l'intera curva sud si accende, sempre con immagini essenziali ma di grande impatto, tutte a ricordare le infinite distese americane o le tematiche sociali, tanto care al gruppo . Where the Streets Have No Name, I Still Haven’t Found (What I’m Looking For), With or Without You sono le prime perle che i quasi sessantamila dello stadio intonano insieme a Bono, accompagnato da un sempre strepitoso The Edge.

Una dietro l'altra vengono inanellate tracce come Bullet the Blue Sky, Running to Stand Still e la rediviva Red Hill Mining Town (riproposta live dopo parecchi per ammissione dello stesso cantante) e ancora In God’s Country, Trip Through Your Wires, One Tree Hill, Exit, Mothers of the Disappeared. Più volte Bono ringrazia e saluta, anche in italiano maccheronico il suo pubblico. Ringrazia l'Italia e la sua Guardia Costiera per l'impegno umanitario nei confronti dei profughi e dei migranti, ricorda l'importanza, la persistenza e la forza delle donne con una coreografia emozionante in Mother of Disappeared. Una ricca galleria di eroine dei diritti, da Anna Frank a Virginia Woolf, fino alle Pussy Riot e alle nostre Rita Levi Montalcini ed Emma Bonino. Una breve pausa introduce ai bis: su Miss Sarajevo risuona possente la voce del compianto Luciano Pavarotti che duetta virtualmente con Bono, accompagnata da un toccante video sulla situazione dei profughi siriani. Si balla su hit mondiali come Beautiful Day, Elevation, e Vertigo, mentre su Mysterious Ways, come di consuetudine, Bono fa salire sul palco una fan che balla col cantante per poi riprendere il pubblico con una telecamera senza filo che ne proietterà le immagini sul videowall.

Emozionante è il rockblues di “Ultraviolet (Light My Way)” brano tratto da quell'altro capolavoro del quartetto che è il disco Achtung Baby del1991. Coreografie essenziali rispetto alla grandiosità del palco e della band, ma forse Bono voleva proprio questo: vivere e far vivere la musica e i suoi testi senza altre distrazioni tecnologiche cui ci aveva abituato in altri tour. Le immagini che corrono dietro di lui sono per lo più i paesaggi della California (dove si trova il famoso Joshua Tree) e immagini relative ai suoi stessi fan.

Forse l'unica pecca di tutto lo show è uno stadio Olimpico non perfettamente adeguato per concerti di questo tipo: acustica non perfetta in diversi punti dalle gradinate e dalle tribune (dal prato ci raccontano che era migliore - ndr) come anche la visuale soprattutto all'inizio del concerto quando la band era sul piccolo palco e i mega schermi erano volutamente spenti.

Bono e i suoi si confermano una assoluta garanzia a trent'anni da un album talmente moderno ed eterno per suoni e tematiche che sembra esser scritto trenta giorni fa, e con una lunga carriera fatta di pezzi-capolavoro che han fatto ballare e emozionare, allora come in questa due-giorni romana, intere generazioni.

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